Nella ricerca sociale si sta diffondendo, gradualmente, spesso implicitamente, l’idea di un metodo “spersonalizzato”: il ricercatore deve solo seguire, passo a passo, una procedura prefissata, senza attingere al proprio sapere e alla propria sensibilità; e deve rilevare individui, famiglie, comunità, intesi come oggetti, depositari di informazioni da estrarre, un po’ come si fa con un deposito in banca. Così, quando i soggetti della ricerca sono resi oggetti, la metodologia è ridotta a un insieme di tecniche e le tecniche diventano le protagoniste della ricerca.
Naturalmente le procedure, le tecniche sono importanti; il metodo le include, ma è qualcosa di più esteso, perché innanzi tutto è lo spazio di un’esperienza umana, ove i soggetti dialogano fra di loro e ove si coltiva l’arte dell’ascolto. Ciò può valere per ogni tipo di approccio.
Ma occorre un grande sforzo mentale, culturale, metodologico per riappropriarci del concetto di persona anche nella metodologia della ricerca sociale. Quale può essere la “agenda” di questa “personalizzazione”? Come possiamo intendere un metodo di ricerca empirica che valorizzi la persona e le sue relazioni con le altre persone? Fino a che punto le procedure e le tecniche, per non ridurre la persona a oggetto, possono invece farla risaltare?
Per provare a dare una prima risposta a queste domande, il gruppo di studio “SPe-Metodo” organizza un incontro seminariale aperto a tutti: giovani e meno giovani, docenti di metodologia e semplici interessati, “incardinati” e non. Per avviare la riflessione comune, si svolgerà un dialogo iniziale fra Paolo Montesperelli (Univ. Sapienza) e Gianluca Argentin (Univ. Milano Bicocca). Seguirà un dibattito aperto a tutti i partecipanti. L’incontro si terrà il pomeriggio del 6 luglio a Pontignano e sarà coordinato da Barbara Sena (Univ. Bergamo, referente del gruppo SPe-Metodo).